«Dove eravate quando stavamo lottando per voi?»

Intervista di Vittorio Sergi a Sergey Movchan di Solidarity Collectives
Kyiv, 9 luglio 2022

Incontro Sergey nella sede di Solidarity Collectives, dove quattro persone sotto i trent’anni lavorano alacremente per sistemare un magazzino pieno di attrezzature e strumenti destinati ai combattenti in prima linea e alle organizzazioni di base della sinistra nelle città e nei villaggi vicini al fronte. La maggior parte sono donazioni dall’estero. L’atmosfera è informale e attiva ma tuttavia rilassata, su una mensola noto due accette e un pugnale pronti all’uso, di fronte la macchi­netta del caffè, in un angolo un bebè dorme in una culla. Sergey è magro e sempre attivo, sorridente ma stanco, con due grandi occhiaie: oggi sta preparando un viaggio di aiuti umanitari verso Kryvyj Rih, una grande città industriale a Sud di Kyiv, in questi giorni di nuovo al centro dei bom­bardamenti missilistici russi. Riesco a convincerlo a fermarsi per un’intervista.

 

VITTORIO. Cosa pensi della situazione dell’estrema destra in Ucraina? La percezione che abbiamo in Europa è che l’estrema destra stia alla testa della resistenza alla Russia. Qualche volta l’estrema destra è ben visibile, come nel caso della resistenza di Mariupol, e per questo motivo per i compagni in Europa è molto difficile dare un sostegno all’U­craina contro l’invasione perché le cose sono complicate dalla pregiudiziale antifascista. Puoi dirci la tua opinione sul ruolo politico e sociale dei gruppi fascisti, prima e durante questa guerra?

 

SERGEY. Prima di tutto dobbiamo scavare un poco nella storia. Prima del 2014, prima della rivolta di piazza Maidan[1], l’estrema destra non era molto forte, era soltanto una delle tante forze nelle strade. Sebbene avessero alcuni membri in parlamento, cosa che non hanno ora, erano comunque mar­ginali nella società. Dopo Maidan la situazione è cambiata. Quello è stato davvero un palcoscenico per loro e sebbene non fossero la maggioranza dentro Maidan erano però ben organizzati e preparati per la violenza ed è questo il motivo per cui le organizzazioni di estrema destra sono diventate molto popolari. Quando la guerra in Donbas è iniziata, e dopo l’occupazione della Crimea, i fascisti hanno formato i battaglioni volontari: Aidar, Donbas, Azov ecc. e sono diventati i veri eroi della guerra, ricevendo molte attestazio­ni di popolarità perché erano stati anche i leader di Maidan.

L’esercito era debole e i battaglioni di volontari sono diventati presto gli eroi di quella guerra. I nazionalisti per anni hanno ripetuto che la Russia era il nemico e quando questa ha di fatto annesso la Crimea e poi il Donbas il loro discorso ha ricevuto una legittimazione. Il problema non ri­guarda solo questi partiti di estrema destra, ma il fatto che l’ideologia mainstream sia diventata una versione soft del nazionalismo. Questa è stata una vittoria della destra perché sono stati capaci di influenzare l’agenda pubblica verso il nazionalismo e hanno silenziato le voci che erano contro di esso. Queste contraddizioni naturalmente ancora esistono, così come esistono differenze tra l’Ovest e l’Est dell’Ucraina.

 

Come si relazionano gli antifascisti con le forze militanti della destra come Azov e Pravy Sector e con i valori del na­zionalismo e patriottismo che si stanno diffondendo nella società?

Possiamo vedere un consenso verso questi valori nei media, ma non nel paese. Il battaglione Azov è diventato un eroe della guerra 2014-2015 in Donbas, ma in seguito è stato spostato dal fronte e prima di questa guerra c’erano rimaste solo due unità politicizzate nell’esercito ucraino. Una è Pravy Sector che come progetto politico è totalmente fallito ed è uno spazio vuoto. Di fatto non possono diventa­re un partito politico rispettabile e non possono nemmeno avere l’egemonia nelle strade perché Azov ha preso il loro posto. Così visto che hanno perso tutto si sono anche divisi, benché esistano ancora e abbiano un battaglione di volonta­ri nell’esercito ucraino.

Quando il battaglione Azov ha creato un partito politi­co, i suoi capi hanno lasciato l’esercito e hanno iniziato una carriera politica fondando il movimento Azov e il Corpo nazionale. Il battaglione Azov negli anni è diventato sempre meno politicizzato e ha smesso di esprimere delle rivendi­cazioni politiche. Sebbene sia diventato un simbolo dell’e­strema destra, ha arruolato molte persone ordinarie, cioè persone con idee nazionaliste e patriottiche ma non naziste. Questa è la mia analisi e su di essa c’è un certo consenso tra i ricercatori che si occupano di estrema destra in Ucraina, puoi trovare delle analisi simili anche nel libro di Michael Colborne su Azov.[2]

 

Come interagite con loro?

Non abbiamo punti di contatto con loro. Loro non agi­scono nelle strade, hanno le loro basi e posti dove svolgono attività militare. Noi siamo in conflitto con il Corpo nazio­nale e con il movimento Azov, entrambi hanno collegamenti tra loro ma anche autonomia di azione. La più grande mi­naccia per il movimento LGBT e per le persone di sinistra sono queste organizzazioni. I membri del Corpo nazionale attaccano gli avversari politici del momento, che ora sono gli attivisti pro-russi. Oggi non sono così interessati alla violen­za politica e al conflitto ideologico con noi semplicemente perché non vedono la sinistra come un avversario, siamo fin troppo piccoli per loro. Il problema è che loro hanno delle sedi in ogni regione dell’Ucraina e coinvolgono i giovani: se vai a una manifestazione del Corpo nazionale troverai tanti giovani, persino dei bambini. Questo è appunto un proble­ma. In alcune province i loro spazi sono gli unici posti dove puoi fare qualche attività sociale. Sono attraenti, organizzano allenamenti, corsi sportivi, tornei, club di lettura, ti portano a Kyiv a fare gli scontri con la polizia e tutto questo è molto fico quando sei giovane.

Prima della guerra, quando c’era solo la minaccia del conflitto, molte persone non pensavano che la Russia ci avrebbe veramente attaccato, mentre Azov ha iniziato a co­struire delle infrastrutture e ad addestrare i civili, organizzan­dosi, così ci siamo trovati con il battaglione Azov a Mariupol e il Corpo nazionale nella Difesa territoriale. Hanno orga­nizzato le loro unità come ogni altra organizzazione politica ha provato a organizzare le proprie: noi abbiamo costituito il battaglione anti-autoritario. Questo è uno dei motivi per cui ti ho detto che la guerra del 2014 è stata molto più van­taggiosa per la destra rispetto a questa. Oggi sono solo una forza tra tante altre e devono competere con molti altri su questo terreno, perché tutti hanno i propri combattenti: la sinistra, il movimento LGBT, le femministe, gli anarchici, i liberali, tutti. Azov è sicuramente più grande in termini di numeri ed equipaggiamento ma non è la stessa organizza­zione di prima.

Nella Difesa territoriale penso invece che Azov abbia molte persone. A Kharkiv dove sono sempre stati molto forti hanno due unità della Difesa territoriale, un battaglio­ne è formato da cento persone. Certo noi non abbiamo un battaglione femminista, ma abbiamo persone del movimen­to LGBT in qualche battaglione, magari sono dieci persone però sono presenti. Perché la destra è così visibile? Perché sanno promuovere la propria immagine.

 

La resistenza di Mariupol è stata molto importante nello spazio mediatico, quale è stato il ruolo di Azov nello sforzo militare?

C’erano tante persone in più a Mariupol, prima di tutto i marines ucraini che erano la forza militare principale. Azov sicuramente era importante e molte persone lo sosteneva­no. Ho visto persone del movimento femminista o LGBT esporre la runa del wolfsangel nel proprio avatar su inter­net per mostrare sostegno alla resistenza di Mariupol, non perché sostengano l’ideologia che c’è dietro ma perché soste­nevano chi si stava difendendo. La situazione con l’eredità di Bandera[3] è la stessa che riguarda i simboli del nazionalismo.

Bandera è diventato un simbolo della lotta anticoloniale ucraina contro la Russia e un sacco di persone con idee pro­gressiste dicono che se la Russia insiste a dire che siamo tutti banderisti beh allora… «siamo tutti banderisti!».

Per questo Bandera è diventato un’icona della lotta ucraina, ma questo non significa che le persone che lo prendono per un eroe conoscano o sostengano le sue idee. Questo tuttavia è un vero problema, non puoi ad esempio prendere Mussolini come simbolo e buttare via le sue idee, comunque ti porterai dietro qualcosa. Così pensare che Bandera sia un eroe è un errore. Adesso però è così e addirit­tura alcuni compagni usano la sua bandiera rossa e nera con le bande orizzontali. Attualmente non c’è una vita politica pubblica in Ucraina, nessuno ti chiede chi sei; se difendi lo stato dall’invasione russa vai bene a tutti. Naturalmente la vita politica ricomincerà e già vedo i primi tentativi di fare politica, ma tutt’ora la principale differenza è se sei pro-Rus­sia o pro-Ucraina e nessuno prende in considerazione la tua ideologia.

 

Dopo aver ascoltato la tua spiegazione, da un punto di vista an­tifascista vediamo una competizione militare che sta andando avanti sotto la guerra; c’è una guerra contro la Russia ma c’è anche un conflitto interno, quale dovrebbe essere la posizione degli antifascisti in Europa?

Avremo una vita politica in futuro, ma la maggior parte degli antifascisti pensa che se l’Ucraina vincerà la guerra l’e­strema destra avrà ancora più potere. Dal mio punto di vista la situazione è davvero diversa. Se l’Ucraina vincerà la guerra, o comunque farà un buon negoziato, questa sarà la vittoria di Zelensky: lui non è un nazista, vuole vendere i suoi spet­tacoli anche in Russia (ride), vede l’Ucraina come un paese multiculturale. Adesso si atteggia a patriota ma nella sua vita privata parla russo come la sua famiglia e tutti i suoi amici. In caso di vittoria avrà l’amore del popolo e diventerà di nuovo popolare per un po’. Aveva perso tutta la sua popolarità e solo grazie alla guerra l’ha recuperata. Diventerebbe un eroe.

Ma se Zelensky e l’Ucraina perderanno la guerra o accet­teranno un cattivo negoziato avremo la nascita di un revan­scismo, di un movimento contro la capitolazione e ovvia­mente questo movimento verrà guidato dai fascisti. Ci sarà anche Poroschenko[4], ma in prima linea ci saranno il Corpo nazionale, Pravy Sektor, il partito Svoboda e l’estrema destra diventerà ancora più forte.

 

Come, gli antifascisti, possono aiutare l’Ucraina?

Secondo me, e io non sono affatto un patriota, la vitto­ria dell’Ucraina è una questione di vita o di morte.

Vivere sotto l’occupazione russa è una follia, è il terrore. Parlo con i miei compagni che sono nei territori occupa­ti, ho informazioni da compagni che sono nella regione di Kherson e di Zaporija: la vita sotto occupazione non signifi­ca pace, bensì morte, violenza, torture, disastro economico e naturalmente terrore politico. L’Ucraina è un paese molto più libero in confronto alla Russia, per quanto riguarda il diritto a manifestare, le leggi sul genere ecc.: per noi è una questione esistenziale. Sotto il potere russo verremmo tutti repressi.

Se parliamo in generale, se parliamo di tattica, quello che stiamo facendo adesso è molto importante per la futura esistenza di un movimento di sinistra perché, come ho già detto, nel 2014 l’estrema destra è riuscita a presentarsi come l’unica capace di difendere l’Ucraina e ci dicevano «dove eravate quando stavamo lottando per voi?». Adesso non possono dirlo e ogni giorno che stiamo a combattere in prima linea o facciamo dei convogli umanitari e portiamo qualche aiuto – non soltanto ai nostri compagni ma anche alle unità della Difesa territoriale, alle persone che hanno perso le loro case – stiamo dando il nostro contributo alla nostra esistenza. Senza questo sforzo non c’è nessun futuro per gli antifascisti in Ucraina.

Comunque non vedo un futuro luminoso per noi. Le idee di sinistra non sono molto popolari da queste parti, ma se non facessimo queste scelte non potremmo proprio esiste­re. Quindi vedo che il nostro lavoro di volontari e comuni­catori è a volte più importante di quello dei combattenti; in questo modo riusciamo a diffondere le nostre idee e a essere visibili non solo tra la nostra gente di sinistra ma anche nella società più in generale. Molti hanno iniziato a conoscerci. Domani andremo a incontrare alcuni sindacalisti a Kryvyj Rih. Si tratta dei classici operai di fabbrica, maschi e rudi, che sono diventati nostri contatti solo grazie alle azioni di so­lidarietà. Naturalmente senza l’aiuto dei compagni europei tutto questo e persino l’esistenza di un’Ucraina anti-autori­taria non sarebbero possibili.

In effetti, potrei dire che è anche grazie a voi se abbiamo un futuro.

 

Avete dei contatti con dei compagni in Russia in questo momento?

Sì abbiamo dei contatti, conosco però alcuni compagni che odiano i russi e non vogliono avere nulla a che fare con loro. Alcuni pensano di essere di sinistra ma nella realtà sono degli etno-nazionalisti. Io continuo a parlare con i compagni in Russia anche se alcuni sono emigrati. Ho buoni contat­ti con gli organizzatori del canale Telegram antifa.ru, con loro stiamo continuando a lavorare sul monitoraggio del movimento di estrema destra, perché molti fascisti russi che erano contro Putin sono venuti in Ucraina e si sono uniti ad Azov o ai Corpi nazionali. C’è stata una rottura nell’estre­ma destra russa: i monarchici, i conservatori e i tradiziona­listi sostengono le repubbliche separatiste, mentre i nazisti, per la maggior parte, sostengono l’Ucraina perché aveva­no dei collegamenti tramite le subculture musicali e calci­stiche. Anche i russi hanno dei nazisti che combattono al loro fianco, ad esempio è molto attivo in Donbas il gruppo Rusich, fatto di fanatici assassini, avranno una consistenza di almeno trenta persone.

 

Cosa pensi dell’indipendentismo nel Donbas in termini di antifascismo? Ci sono veramente delle repubbliche socialiste laggiù?

Ovviamente non è vero, non hanno niente a che fare con il socialismo. Le repubbliche del Donbas sono dei governi fantoccio controllati totalmente dalla Russia. Fino al 2015 c’erano alcuni signori della guerra con delle idee, la Russia li ha uccisi e adesso ha il controllo totale. Il principale signore della guerra, Mozgovoy, e il battaglione Prizrak non sono af­fatto di sinistra; se pensi che il partito comunista in Ucraina o in Russia siano di sinistra ti sbagli. Sono dei conservatori con la nostalgia del socialismo e questo è l’unico ingrediente che li unisce alla sinistra. La situazione economica da quelle parti è molto negativa. In questi otto anni abbiamo avuto il problema che l’Ucraina non ha dato informazioni sulle perdite nel conflitto, questo è un tabù e per gli indipenden­tisti il numero di vittime è l’elemento principale della loro mitologia, ma nel 2021 sai quante vittime ci sono state in Donbas? Quindici persone… il conflitto è iniziato con 5.000 morti nel 2014 ma poi c’è stato un decremento sostanziale.

All’inizio il movimento ha iniziato a chiedere la fede­ralizzazione, in Ucraina molte persone pensano che con­quistare il Donbas fosse il piano dei russi fin dal principio. Io non sono d’accordo. Il conflitto è stato iniziato dalle élite locali che avevano perso il potere e hanno cercato di sostenersi appoggiando le idee separatiste a favore della Russia. Abbiamo avuto più di un milione di sfollati che hanno lasciato il Donbas, persone pro-Ucraina, dunque non è stato come nel caso della Crimea dove effettivamente la maggior parte degli abitanti sostiene la Russia. Quando le forze speciali russe hanno preso Sloviansk nel 2014 abbia­mo assistito a una escalation nella guerra. La Russia ha agito sotto la pressione della situazione e ha iniziato a sostenere le richieste di indipendenza ma inizialmente, secondo me, mirava a creare e mantenere un’area di instabilità in Ucraina.

 

[1] Maidan significa “indipendenza” ed è la piazza principale di Kyiv. Tra l’autunno e la primavera del 2013 e 2014 è stata il teatro princi­pale di una protesta di piazza radicale contro il governo, caratterizzata dall’occupazione a oltranza del luogo e da violenti scontri con le forze di polizia. Le principali rivendicazioni erano la richiesta di adesione all’Unione Europea e l’indipendenza dalla Russia. Le proteste videro una partecipazione di massa ma furono egemonizzate da gruppi na­zionalisti e neofascisti.

[2] Michael Colborne, From the fires of war: Ukraine’s Azov Movement and the global far right, Columbia University Press, 2022; il libro rap­presenta a oggi lo studio più approfondito sulla destra neofascista in Ucraina.

[3] Stepan Bandera (1909-1959) è stato un politico ucraino di estrema destra fondatore dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini e dell’Eser­cito insurrezionale ucraino. Entrambe le organizzazioni erano basate su valori etno-nazionalisti e sostennero i nazisti tedeschi durante l’occupazione dell’Ucraina, in chiave anti-sovietica e anti-russa, collaborando anche al genocidio degli ebrei della regione

[4] Petro Oleksijovyč Porošenko, imprenditore e politico ucraino, mo­derato, filo-occidentale, è stato presidente dell’Ucraina dal 2014 al 2019.

 

Vittorio [Sergi], Diario di viaggio in Ucraina, luglio 2022, “Malamente. Rivista di lotta e critica del territorio”, n. 26, settembre 2022, p. 16-27

Sergey Movchan è un attivista nel monitoraggio dell’estrema destra in Ucraina e Russia