Dalla Russia. L’Organizzazione di combattimento anarco-comunista

Intervista a un gruppo anarchico clandestino
22 agosto 2022

Quando l’esercito russo ha invaso l’Ucraina alla fine di febbraio 2022, anarchici e altri manifestanti contro la guerra hanno sfidato le misure anti-protesta draconiane per scen­dere in piazza ed esprimere la propria opposizione. Nei mesi trascorsi da quando quelle proteste sono state represse, la resistenza all’invasione ha assunto nuove forme. Gli attacchi clandestini in tutta la Russia hanno preso di mira ferrovie, centri di reclutamento militare, veicoli appartenenti a fana­tici pro-guerra e messaggi di propaganda dello stato russo a favore della guerra.

Uno dei gruppi che promuovono questi attacchi è noto come Anarcho-Communist Combat Organization. Nella seguente intervista, parlano di come vedono i loro predeces­sori nella storia regionale dei movimenti anarchici, di come la situazione politica in Russia sia peggiorata a tal punto che è stato possibile reprimere i movimenti sociali e inva­dere l’Ucraina, e che tipo di organizzazione è possibile nelle condizioni attuali. Abbiamo anche chiesto loro di entrare nel dettaglio di alcuni dei protocolli operativi utilizzati, nel caso ciò fosse mai utile anche altrove, per gruppi anarchici costretti ad adottare strategie simili mentre la repressione statale si intensifica in tutto il mondo.

 

A quanto ci risulta, l’Anarcho-Communist Combat Organization gestisce varie pagine sui social media, mantie­ne un fondo per sostenere i gruppi che svolgono azioni dirette clandestine e aiuta a diffondere resoconti di queste azioni e informazioni sui prigionieri catturati. Raccontateci come vedete il lavoro di comunicazione social, poiché questo è il modo principale in cui molte persone vengono a conoscenza delle vostre azioni.

Da parte di alcuni compagni, abbiamo riscontrato cri­tiche riguardo all’attività sui social media in quanto tale: si tratta di un flusso infinito di brevi messaggi, che non lascia alcun impatto sulla mente dei lettori. Consideriamo i social media una parte importante del nostro lavoro di comuni­cazione, inteso come sforzo per diffondere le nostre idee. La piattaforma che preferiamo è Telegram, poiché è meno censurata e offre un ambiente un po’ più culturale e politi­cizzato. Allo stesso tempo, comprendiamo che i proprieta­ri di qualsiasi piattaforma di social media, per non parlare dei fornitori di servizi, possono collaborare con l’apparato repressivo di qualsiasi stato. Pertanto, è un principio im­portante per noi garantire l’anonimato nel nostro lavoro sui media.

Utilizziamo un sistema operativo basato su Linux, che prevede la connessione a internet esclusivamente tramite il browser TOR. Questo vale anche per Telegram: lo usiamo solo in questo modo. Per registrare gli account necessari per la nostra attività utilizziamo numeri ed email anonimi e virtuali su riseup.net, che è il progetto nel campo della tecnologia internet di cui ci fidiamo di più. Consideriamo inoltre importante cancellare i metadati dei file multimedia­li: immagini, video e testi. Alcuni sistemi operativi basati su Linux ti consentono di farlo in due clic; con altri, è necessa­rio installare programmi particolari. In ogni caso, è sempre essenziale farlo.

 

Uno dei vostri impegni è segnalare le azioni dirette che vengo­no realizzate in Russia. Come verificate i rapporti e le notizie che arrivano prima di condividerli?

Innanzitutto, per notizie che troviamo online o che ci vengono inviate direttamente, iniziamo valutando quanto siano plausibili in base alla nostra esperienza. Teniamo conto dell’autenticità e della chiarezza del testo del comunicato (di solito coloro che cercano di falsificare un comunicato sono pessimi nel fingere di essere anarchici); la leggibilità di ripre­se fotografiche o video; le coordinate precise riguardanti il luogo, la data e l’obiettivo di un attacco. Se le informazioni che abbiamo ricevuto possono essere attendibili secondo questi criteri, le consideriamo verificate e le pubblichiamo. Se l’evento viene riportato anche dai mass media, compresi i media privati, ciò può servire come ulteriore conferma che sia effettivamente accaduto.

 

Quale processo usate per decidere chi sostenere con il fondo d’a­zione, quando non c’è modo di stabilire un contatto diretto?

Decidere chi sostenere con il fondo che abbiamo av­viato non è facile, soprattutto considerando che si tratta di una scala piuttosto ridotta. In un primo momento abbiamo inviato piccoli importi a tutti coloro che hanno richiesto as­sistenza. Presto però ci siamo resi conto che, nella maggior parte dei casi, non abbiamo ricevuto in cambio alcun tipo di conferma che qualche azione concreta fosse stata intrapresa da queste persone. Per questo motivo abbiamo ora iniziato a fornire supporto economico post factum, quando ci sono prove che siano state realizzate azioni. I trasferimenti avven­gono tra criptovalute BTC; inviamo ai destinatari precise istruzioni su come anonimizzare la criptovaluta quando ac­quistano valuta corrente.

Vogliamo fare un’importante raccomandazione a tutti i futuri partecipanti alla resistenza partigiana: condurre test preliminari di tutti i mezzi di combattimento che si prevede di utilizzare nelle azioni. Che si stiano utilizzando molotov o mezzi più avanzati, questo consentirà di evitare sfortunati errori e problemi nel momento dell’azione diretta.

 

Guardando indietro alla storia della Russia e delle regioni circostanti, quali organizzazioni e lotte considerate i vostri predecessori?

Ci vediamo all’interno della tradizione anarchica ri­voluzionaria dell’Europa orientale. Consideriamo nostri predecessori i gruppi anarchici militanti dell’inizio del secolo scorso: Chernoe Znamia[1], Beznachaliye[2] e il Gruppo anarchico-sindacalista della Russia meridionale. Ciò che ci ispira in queste organizzazioni è il loro impegno per una ri­soluta attività militante e il loro desiderio di coinvolgere le grandi masse popolari nel combattimento, per unire la lotta politica ed economica in un’unica lotta per la rivoluzione sociale. Ci consideriamo anche i successori dell’Esercito rivoluzionario ribelle dell’Ucraina – forze associate a Nestor Makhno note anche come Esercito nero – e degli anarchici che durante la Guerra civile si opposero, in clandestinità, ai reazionari e alla dittatura bolscevica con le armi in mano.

Per quanto riguarda i tempi più recenti, il nostro anar­chismo partigiano porta un approccio creativo alle idee e alla pratica della Nuova alternativa rivoluzionaria[3] degli anni ’90 e ai gruppi organizzati attorno al Black Blog tra la fine degli anni 2000 e l’inizio degli anni 2010. Oltre a ciò, siamo ispirati dall’eroico sacrificio di sé di Mikhail Zhlobitsky, che ha attaccato con una bomba il quartier generale dell’FSB (Russian Federal Security Service) ad Arkhangelsk il 31 ot­tobre 2018: ammiriamo ciò che ha fatto.

Guardando indietro all’esperienza e all’esempio dei nostri predecessori, possiamo dire che un lavoro rivoluzio­nario di successo richiede un’organizzazione disciplinata composta da compagni determinati, altruisti e devoti.

 

Negli anni della sua attività avete visto il governo Putin di­ventare sempre più repressivo. Quando il governo inasprisce la repressione, il movimento anarchico si trova di fronte a un dilemma: dovremmo operare in maniera ancora più pubbli­ca, assumendoci più rischi, per cercare di prevenire un con­traccolpo nella società? O dovremmo entrare in clandestinità per prepararci alla repressione? È possibile fare entrambe le cose? Come conciliare la necessità di un’organizzazione co­munitaria con la necessità di mantenere i nostri progetti al sicuro?

Siamo a conoscenza di esempi in cui alcuni compagni sono riusciti a bilanciare per molto tempo piano pubblico e piano clandestino, e ad essere piuttosto attivi in entram­bi. Tuttavia, questa è l’eccezione alla regola. È inevitabile una certa divisione in attività pubbliche e clandestine. Lo testimonia l’esperienza di molti movimenti rivoluzionari del Novecento.

È importante che entrambe le condizioni esistano e siano forti. Allo stesso tempo, insistiamo sul fatto che devono es­serci legami tra i due piani, inclusa la possibilità per i mili­tanti di passare da uno all’altro. In passato, a volte abbiamo sentito dire che per “motivi di sicurezza” il piano pubblico e quello sotterraneo dovrebbero essere completamente isolati l’uno dall’altro, ma nella nostra esperienza ci sono sempre collegamenti e canali di comunicazione di qualche tipo.

 

Che consiglio potete dare agli anarchici di altre parti del mondo che attualmente non sono organizzati in strutture clandestine, ma che potrebbero doverle organizzare? Quali passi, che potrebbero diventare più difficili in futuro, dovreb­bero fare già da adesso?

È molto difficile rispondere a questa domanda senza avere un’intima familiarità con le realtà specifiche delle varie parti del mondo di cui stiamo parlando. Di conseguenza, possiamo solo sottolineare alcuni punti generali.

Prima di tutto, i compagni devono attivarsi all’interno del movimento anarchico stesso per la creazione di strutture armate clandestine: per quanto ne sappiamo, gli anarchici nella maggior parte dei paesi non hanno affatto capito la ne­cessità di questo. Vanno quindi messe in piedi le strutture di base e, più in generale, ci vuole una rete di contatti affidabili in diverse regioni del paese, ovviamente, adottando tutte le misure di sicurezza necessarie. Allo stesso tempo, i compa­gni devono organizzare addestramento ed esercitazioni in campi militari.

Non è mai troppo presto per iniziare a mettere da parte denaro, armi e attrezzature. E per preparare strutture com­pletamente sicure per gestire le informazioni pubbliche e non pubbliche e le attività dei media, nonché per i trasfe­rimenti di denaro non in contanti. Queste sembrano essere le basi.

 

Guardando agli ultimi quindici anni in Russia, secondo voi un qualsiasi tipo di solidarietà e sostegno internazionale avrebbe potuto consentire agli anarchici di impedire a Putin di ottenere un controllo sufficiente sulla società russa per poter invadere l’Ucraina?

Forse ha senso guardare indietro a un periodo ancora precedente, al 1993 e al 1996, quando Eltsin e gli oligarchi consolidarono il potere e schiacciarono i loro rivali politi­ci. Per quanto sgradevoli possano essere stati quei rivali, ora sembra che il percorso per costruire uno stato autoritario in grado di sopprimere qualsiasi alternativa politica fosse a quel punto già tracciato. Putin ha seguito la stessa logica e ha affrontato meno ostacoli di Eltsin. Poi sono arrivati gli anni 2000 apolitici (o “sazi”, come li chiama la gente), quando non c’era quasi nessuna possibilità di scuotere la situazio­ne. Forse, in teoria, la crisi politica del 2011-2012 avrebbe potuto porre fine al governo di Putin, se tutte le forze di op­posizione avessero agito in modo più coeso e radicale. Gli anarchici hanno cercato di radicalizzare la protesta, ma le nostre forze non sono bastate.

È difficile per noi dire quale tipo di sostegno internazio­nale avrebbe potuto rafforzare il nostro movimento all’epo­ca. La presa della Crimea e lo scoppio della guerra contro l’Ucraina nel 2014 hanno causato un grande aumento di sentimenti reazionari in Russia e il paese è andato diretta­mente all’attuale disastro.

 

Negli Stati Uniti, alcuni “antimperialisti” (tra cui un picco­lo numero di presunti anarchici) credono che tutti coloro che sostengono gli anarchici ucraini coinvolti nella resistenza mi­litare all’invasione stiano combattendo “fianco a fianco” con i fascisti ucraini, sostenendo il governo Zelensky e promuovendo gli interessi della NATO. Puoi per favore spiegare la vostra posizione riguardo a come dovrebbero porsi, secondo voi, gli anarchici russi e ucraini in questa situazione e cosa dovrebbe­ro fare, in solidarietà, gli anarchici in altre parti del mondo.

La sconfitta dell’Ucraina porterà al trionfo delle forze più reazionarie in Russia, finalizzando la sua trasformazio­ne in un campo di concentramento neostalinista, con un potere illimitato concentrato nell’FSB e un totalitarismo or­todosso di ideologia imperiale. Nell’Ucraina occupata, ogni germoglio della società civile e della libertà politica sarà di­strutto e l’esistenza stessa della cultura ucraina sarà messa in discussione. D’altra parte, se la Russia viene sconfitta, ci sarà inevitabilmente una crisi per il potere di Putin e una pro­spettiva di rivoluzione. Per gli anarchici, la scelta tra queste alternative sembra chiara.

In ogni caso, noi dell’Est Europa vediamo tutto questo molto più urgente e reale delle argomentazioni (che le per­sone possono avere senza impegnarsi in nulla) sui giochi geopolitici degli Stati Uniti e della NATO, che preferiamo lasciare ai propagandisti di Putin. Quindi, solidarietà con noi significa solidarietà con l’Ucraina, con la sua vittoria.

 

Avete avuto più di sei mesi per valutare le varie strategie anarchiche in Russia, Bielorussia e Ucraina in risposta all’in­vasione. Cosa vi aspettavate e cosa vi ha sorpreso? Ad esempio, quale pensi sia stato l’esito delle proteste pubbliche contro la guerra a febbraio e marzo 2022? Puoi darci qualche tua im­pressione sull’efficacia di Operation Solidarity, del Comitato di resistenza, della Resistenza femminista contro la guerra, di Azione autonoma o di altre organizzazioni, su entrambi i lati del confine, che hanno cercato di rispondere all’invasione?

A essere onesti, dopo sei mesi non è ancora chiaro quale combinazione di strategie sia più efficace. Tutte le azioni dei compagni sono state di grande importanza, ma ancora non si può dire che il movimento anarchico in Russia/Bielorussia o Ucraina sia in crescita, anche se in Ucraina assistiamo a una mobilitazione stimolante.

Sosteniamo la decisione degli anarchici in Ucraina di prendere le armi e unirsi allo scontro militare con l’impe­rialismo. Qualsiasi movimento politico rivoluzionario deve essere combattivo, deve dimostrare la sua capacità di com­battere in tempo di guerra e partecipare con la società in ge­nerale alla sua lotta. Siamo piacevolmente sorpresi dal livello di successo logistico, dalla raccolta di aiuti materiali e beni necessari e dalla risonanza mediatica che l’“ala civile” del movimento libertario in Ucraina è riuscita a raggiungere. Tuttavia, vorremmo vedere una maggiore organizzazione e una migliore struttura nel movimento anarchico del lato ucraino, nonché una posizione politica espressa in modo più chiaro e attivo. Il solo manifesto del Comitato di resi­stenza è insufficiente per questo.

Per quanto riguarda la Russia, pensiamo che tutte le azioni – pacifiche, violente, simboliche e informative – siano molto importanti. Tutto ciò che può toccare la mente e l’anima delle persone nella nostra società è importante. Allo stesso tempo, siamo sostenitori dei metodi partigiani: sabotaggio, azione diretta, guerra partigiana contro il regime fascista. A nostro avviso, questi produrranno la maggiore ri­sonanza e avranno il più grande potenziale politico e rivolu­zionario nelle condizioni attuali.

 

Pensi che le persone al di fuori della Russia avrebbero potuto fare qualcosa di più per sostenere la prima fase del movimen­to russo contro la guerra?

Va detto che, sebbene pochi credessero che si sarebbe verificata un’invasione su vasta scala, nelle prime ore della guerra è emerso un enorme movimento di solidarietà inter­nazionale. Gli antiautoritari che si sono uniti alla resisten­za armata al putinismo in Ucraina sono stati rapidamente forniti e dotati della maggior parte degli equipaggiamenti necessari. Anche i volontari, compresi i membri di iniziative anarchiche, hanno aiutato i rifugiati ucraini. Ci sono state azioni di solidarietà, incontri e discussioni. È stato fatto molto lavoro e qui non possiamo che ringraziare i compagni.

Ma c’è quasi sempre qualcosa di più che possiamo fare nell’ambito delle azioni di solidarietà o della raccolta fondi per i movimenti libertari in Ucraina e in Russia. Sentiamo spesso dire che le persone in Occidente si stanno gradual­mente «stancando del tema della guerra» e non vediamo lo stesso consenso sulla questione dell’isolamento internazio­nale del regime di Putin che esisteva un tempo. L’importante ora è mantenere attiva la solidarietà, così come un alto livello di consapevolezza e di attività.

 

Da quando Bakunin lasciò la Russia nel 1840, e forse anche prima, generazione dopo generazione, i radicali russi hanno dovuto fuggire dalla Russia e organizzarsi al di fuori di essa. Che ne pensi dei problemi organizzativi dei movimenti che in­cludono gli emigrati politici in esilio? Ad esempio, come mante­nere i collegamenti tra le persone all’interno e all’esterno della Russia? Come bilanciare l’influenza dei compagni russi che “rappresentano” il movimento come emigrati nell’Europa occi­dentale e le prospettive di coloro che sono ancora all’interno del paese e di conseguenza sono esposti a maggiori rischi?

L’attuale comunità di esiliati dalla Russia è, per quanto possiamo vedere, piuttosto dispersa. Tuttavia, ci sono di­versi gruppi di anarchici russi all’estero. Questa è una cosa molto positiva, che deve essere sviluppata. Per quanto pos­siamo vedere, uno dei problemi importanti dell’emigrazione è rimanere politicamente attivi, mantenere una prospetti­va radicale e trovare un equilibrio tra l’integrazione in una nuova comunità e il rimanere in contatto con le realtà e il movimento a casa.

A nostro avviso, si può parlare di “rappresentanza” solo se si parla di un’organizzazione con sedi sia in Russia che all’estero. Altrimenti, non stiamo parlando di rappresen­tanti, ma solo di opinioni e prospettive di particolari gruppi e individui. Per quanto riguarda i collegamenti tra gli emi­granti e coloro che sono attivi all’interno della Russia, pos­siamo dire che esistono; internet e i mezzi di comunicazione anonima aiutano notevolmente. Anche in questo caso, sa­rebbe appropriato dire che abbiamo bisogno di una mag­giore organizzazione affinché queste connessioni diventino sistematiche e politicamente significative, piuttosto che spo­radiche comunicazioni individuali. Si stanno facendo mosse nella giusta direzione, ma non possiamo rivelare i dettagli.

 

La scissione in Operation Solidarity ha sollevato interrogativi sulla risoluzione dei conflitti e su come le persone nel movi­mento possono cooperare tra loro sotto forti pressioni. Come si manifestano i valori e le ideologie del potere (capitalismo, patriarcato, individualismo liberale) nelle attività e nei com­portamenti dei rivoluzionari nelle ex repubbliche sovietiche?

È difficile per noi giudicare una divisione a cui non ab­biamo assistito. Tuttavia, possiamo condividere una visione comune della “cultura delle scissioni”, che fiorisce non solo nel movimento anarchico, ma nella società contemporanea in generale.

A volte sentiamo dire dai compagni: «Le spaccature sono buone; se le persone hanno delle contraddizioni tra loro, dovrebbero separarsi». Ma non puoi costruire un movimento forte con questo tipo di logica. Per esperienza, possiamo dire che dietro le “scissioni ideologiche” ci sono sempre non solo differenze teoriche e pratiche, ma anche conflitti di ambizione, una lotta per il potere e le risorse, e l’egoismo. Questo è tipico non solo per i novizi che si sono appena uniti al movimento, ma anche per i rivoluzionari più vecchi ed esperti.

Non conosciamo una formula infallibile per prevenire tali scissioni. Sfortunatamente, ogni movimento che cono­sciamo ha attraversato conflitti drammatici, compresi alcuni che sono stati piuttosto massicci e di successo. Se qualcosa serve a proteggere dalle divisioni è, probabilmente, l’auto­disciplina collettiva: la comprensione che gli interessi della lotta sono al di sopra dei desideri e delle preferenze indivi­duali, che le decisioni collettive non sono sempre ciò che un particolare individuo vorrebbe, ma che sono comunque importanti per tenere unito il gruppo.

Può sembrare ingenuo, ma l’amore tra compagni e le re­lazioni cordiali nel collettivo possono anche proteggere dalle divisioni. Sappiamo che queste non garantiscono nulla, che non possono eliminare completamente i conflitti, tuttavia, anche se le divisioni non possono essere evitate completa­mente, dovremmo sforzarci di ridurle al minimo.

 

Al di fuori della Russia, abbiamo l’impressione che Putin stia attirando reclute da città periferiche per ridurre al minimo gli effetti della guerra a Mosca e San Pietroburgo. Cosa si può fare per interrompere una strategia politica progettata per contenere l’impatto della guerra? In che modo, di fronte a una potente repressione, gli anarchici possono trasmettere qualcosa a coloro che hanno motivo di essere indignati dalla guerra?

Questa è un’impressione molto corretta, a nostro avviso. E comunque la guerra stessa, con la sua fatale inevi­tabilità, agisce come il principale agente del rovesciamento del regime. Questo ruolo non può essere annullato, né dal governo russo se lo desidera, né dagli oppositori del regime: nessun altro fattore potrà oscurare questa guerra.

Per quanto riguarda il modo in cui potremmo porta­re il nostro messaggio alle persone in queste condizioni di repressione stiamo cercando di mettere in atto la nostra vi­sione. I sostenitori della politica di Putin e coloro che sono indifferenti devono capire che la guerra potrebbe essere loro molto vicina. Agli oppositori della guerra devono essere mo­strati modi efficaci per combatterla.

 

Pensi che l’invasione dell’Ucraina sia un segno di cose che ac­cadranno nel mondo, un futuro in cui la guerra si diffonderà sempre più, mentre il capitalismo entra in una serie di crisi economiche e ambientali? Cosa dovrebbero fare le persone, ora, per prepararsi?

Questo è uno scenario molto probabile. Naturalmente, la risposta universale che possiamo dare è che dovremmo fare una rivoluzione anarchica il prima possibile!

I consigli “realistici” dovrebbero riferirsi al rafforzamen­to del controllo democratico da parte delle masse popolari sulle autorità: più efficace sarà tale controllo, più problemi potranno essere evitati in futuro. Ma questo è ancora uno scenario relativamente ottimista: è probabile che la società non sarà abbastanza forte e le élite porteranno i loro popoli al disastro. Quello che resta da fare è probabilmente cerca­re il più possibile di sviluppare legami orizzontali globali, anche tra i membri del movimento anarchico, in modo che questi collegamenti non si limitino all’attivismo, ma operi­no anche nella sfera economica. Tali gruppi basati sulla fidu­cia possono aiutare molto a sopravvivere a tempi difficili e le persone, dal caos sociale atomizzato, possono raccogliersi intorno a loro.

 

Per concludere, spiega come pensi che le persone al di fuori della regione possano sostenere al meglio gli anarchici in Russia, Bielorussia e Ucraina.

Partecipare a iniziative che supportano materialmente e nel campo dell’informazione i rivoluzionari dell’Europa orientale. In particolare, incoraggiamo a donare al nostro Fondo anarchico rivoluzionario: questo aiuta enormemente quando si tratta di portare avanti la lotta e coprirne i costi.

È importante che la strategia rivoluzionaria anarchica non si limiti a un paese o a una regione. Lo stato e il capitali­smo devono essere attaccati in tutto il mondo.

 

[1] Chernoe Znamia (Bandiera nera), organizzazione comunista-anarchi­ca russa fondata a Bialystock (attualmente in Polonia ma allora facente parte dell’impero russo) nel 1903, attiva per tre anni circa.

[2] Beznachaliye (Senza autorità), principale circolo anarchico di Pietro­burgo all’inizio del XX secolo.

[3] Gruppo anarchico insurrezionale russo che ha effettuato una serie di attacchi contro obiettivi del governo durante la guerra cecena.

 

Titolo originale: Russia: The Anarcho-Communist Combat Organization

https://it.crimethinc.com/2022/08/22/russia-the-anarcho-communist-combat-organization-an-interview-with-a-clandestine-anarchist-group

Traduzione italiana di Nerofumo: https://rivista.edizionimalamente.it/2022/08/28/dalla-russia-lorganizzazione-di-combattimento-anarco-comunista