Quattro mesi in un plotone antiautoritario in Ucraina

Intervista a Ilya “Leshiy” e amici
Luglio 2022

Un membro del plotone antiautoritario in Ucraina riflette in modo critico sull’attività del plotone, sul suo rapporto con le forze armate tradizionali e sul significato politico più ampio dell’esperienza.

Questo articolo è stato scritto nella prima parte di luglio. Ora la situazione del plotone antiautoritario si è evo­luta. È stato trasferito in una nuova unità, dove riprenderà l’addestramento, il reclutamento e, dopo la necessaria pre­parazione, sarà impiegato in battaglia. Questo è il momento di alcune considerazioni dopo la prima fase dell’esistenza del plotone, nel quadro della difesa territoriale dell’oblast’ di Kyiv.[1]

Il plotone anti-autoritario è il nome non ufficiale di un’unità in una delle brigate delle Forze di Difesa territoria­le (TDF) dell’Ucraina, nell’oblast’ di Kyiv. È nato quando anarchici, persone di sinistra di diversa estrazione e gruppi, compresi antifascisti e ultras del calcio, si sono riuniti duran­te le prime fasi della guerra per partecipare alla lotta contro l’invasione imperialista portata avanti dal regime di Putin.

L’unità esiste da più di quattro mesi, dal primo giorno di guerra. Questo è un buon momento per riflettere e offrire qualche analisi su come è andata.

Un paio di mesi prima della guerra cominciarono a cir­colare voci allarmanti. In quel momento, nella comunità li­bertaria di Kyiv, abbiamo iniziato a discutere di come avreb­bero dovuto comportarsi gli anarchici se la minaccia di una guerra su vasta scala fosse diventata realtà. Pochissime per­sone credevano che sarebbe successo davvero. In quel perio­do, abbiamo sviluppato l’idea che avremmo avuto bisogno sia di un ramo militare che di uno civile. Abbiamo avuto diversi incontri; abbiamo anche raggiunto un accordo con un compagno del TDF e abbiamo fatto un paio di addestra­menti con lui. Un compagno ha preparato gli account sui social media. Tutti i nostri preparativi erano rudimentali. Tuttavia, il giorno “X” [il primo giorno dell’invasione], ab­biamo subito iniziato a seguire questo schema e ci ha aiutato molto. Operation Solidarity, il plotone antiautoritario e il Comitato di resistenza, forse gli esempi più visibili di attività libertaria durante questa guerra, sono tutti, in larga misura, i risultati di questo processo di preparazione. Questo mostra l’importanza di pianificare e sviluppare scenari per come agire in diverse situazioni possibili.

I compagni mi hanno chiesto: «E se potessimo tornare indietro al 2020 con la conoscenza della situazione odierna? Cosa faremmo diversamente?». Penso che spenderemmo più tempo, energia e attenzione per formare gruppi più sostenibili e più numerosi, creare connessioni e relazioni, raccogliere denaro e preparare risorse, istruzione, condi­visione di competenze, propaganda, strategie e analisi. Ma non ne avremo mai abbastanza di nessuna di queste cose. La disponibilità alla mobilitazione è altrettanto importante. Dalla mia posizione attuale, oserei consigliare ai compagni di tutto il mondo di pianificare, organizzare e agire come se fosse già iniziato il conto alla rovescia finale e il mese pros­simo dovreste affrontare una grande sfida storica. Nella fase attuale della storia, questo è sempre possibile, quindi non fatevi cogliere di sorpresa e impreparati.

 

Burocrazia, ordine militare…

Penso che non rivelerò alcun segreto militare se dico che questa unità ha ricercato a lungo un posto nella struttura dell’esercito. Sta cercando un’opzione per unirsi ai combat­timenti in prima linea, per ripristinare la sua capacità di svol­gere reclutamento e addestramento sistematico, nonché per risolvere alcuni problemi burocratici legati alla registrazione dei combattenti. Potremmo chiamarlo un “periodo di tran­sizione”, ma dura da circa tre mesi, quindi sembra più una fase della nostra esistenza.

Il limbo in cui ci troviamo ora solleva la questione della burocrazia militare che inevitabilmente dobbiamo affronta­re come parte delle forze armate. Innanzitutto occorre chia­rire la natura del TDF. Si differenzia dall’esercito normale in quanto è composto principalmente da volontari e su base locale. In generale, il TDF è considerato meno professionale, più una forza ausiliaria. Ma ha la stessa gerarchia militare, regole e abitudini del comando superiore.

Ovviamente, prendere posto in una gerarchia verticale è problematico da una prospettiva antiautoritaria. Tuttavia, abbiamo fatto consapevolmente questo passo. Penso che tutti nel plotone sarebbero d’accordo sul fatto che la parte­cipazione alla resistenza è preziosa, anche se significa un’in­clusione temporanea nel quadro dell’esercito.

Potremmo resistere all’invasione con le armi indipen­dentemente dall’esercito statale, nelle condizioni attuali? La risposta è decisamente no. La maggior parte delle idee come questa vengono proposte lontano dal paese, da per­sone che non conoscono il contesto locale. Innanzitutto, al momento non ci sono abbastanza strutture o risorse dalla nostra parte per formare una forza armata indipendente. Allo stesso tempo, lo stato ucraino ha abbastanza forza e volontà per reprimere qualsiasi esperienza completamente autonoma. In questa situazione, la guerriglia non statale è possibile solo nei territori occupati dall’esercito russo.

Tuttavia, la ragione più importante è che gli interessi della società ucraina e dello stato ucraino attualmente si so­vrappongono su un punto, respingere la brutale invasione, ma non su una miriade di altri punti. Per questo motivo, in questo momento, qualsiasi tentativo di organizzare separa­tamente la resistenza non sembra trovare alcuna compren­sione da parte della popolazione. Ma vediamo che l’attuale situazione nelle forze armate ucraine offre ancora molto spazio a diversi gruppi politici desiderosi di combattere gli occupanti.

Dal 2014 alcune fazioni di estrema destra hanno orga­nizzato e mantenuto unità militari parzialmente autonome. Si tratta del Corpo dei volontari ucraini del settore destro (RS-UVC) e del suo gruppo scissionista, l’Esercito volonta­rio ucraino. A differenza dell’esercito statale, queste struttu­re hanno un certo grado di autonomia interna, una chiara affiliazione ideologica e sono più flessibili con il reclutamen­to, la burocrazia ecc. Tuttavia, per quanto ne so, restano comunque sotto il comando operativo dell’esercito ucraino e, attualmente, almeno la RS-UVC si sta trasformando in un’unità militare più “normale” e subordinata.

Torniamo alla burocrazia. Inizialmente la nostra unità aveva il via libera per lo sviluppo attivo, ma poi la linea di comando del battaglione a cui appartenevamo è cambiata radicalmente. Siamo stati bloccati dal nostro battaglione, con pochissime opzioni per accogliere nuovi compagni nei nostri ranghi e la necessità di svolgere alcuni compiti me­ramente formali e noiosi, che hanno danneggiato la nostra struttura interna, il nostro processo di addestramento e il nostro spirito. I partecipanti con cittadinanza straniera hanno dovuto affrontare ulteriori problemi burocratici. Inoltre, non riuscivamo a trovare un’occasione adeguata per andare a combattere come unità; dai primi giorni di luglio siamo rimasti nelle retrovie. Tuttavia, la situazione non è di­sperata. Lavoriamo per risolvere questi ostacoli burocratici.

Lo scontro con la burocrazia militare sembra inevitabile nella nostra situazione. La lezione di questa storia è che più contatti e connessioni hai nelle istituzioni con cui vuoi rela­zionarti, maggiori saranno le tue possibilità di superare o aggi­rare la burocrazia. In questi ultimi mesi ho concluso che noi, come rivoluzionari, non dovremmo essere schizzinosi nello stabilire contatti all’interno delle istituzioni statali. Finché siamo chiari sui nostri obiettivi politici, assumersi dei rischi per perseguire questi obiettivi è meglio che negarsi strumenti che potrebbero far guadagnare terreno al movimento.

 

Struttura interna e vita

Secondo gli statuti dell’esercito, ogni plotone ha diverse posizioni di ufficiale, che sono state assegnate a coloro che avevano già tale grado. A parte questo, il comando di batta­glione è intervenuto poco nella nostra organizzazione inter­na. Non abbiamo organizzato la nostra struttura secondo l’immagine idilliaca di una milizia perfettamente anarchica in cui tutte le cariche sono elettive e subordinate all’assem­blea generale. Il motivo è, in parte, che l’unità è costituita da una varietà di persone, non tutte anarchiche. Gli aiutanti del comandante di plotone e i comandanti di sezione sono stati assegnati dal comando di plotone.

Allo stesso tempo, abbiamo anche implementato alcune istituzioni orizzontali. Su proposta di un compagno esperto che veniva dall’Europa, abbiamo iniziato a praticare tekmil, sessioni di critica e autocritica per sezioni.[2] Sono stati eletti vice comandanti di sezione. Una delle loro funzioni era quella di trasmettere le critiche che superavano il livello di sezione al comando di plotone durante la riunione dei comandanti.

Dopo diversi conflitti legati alle attività sui media, lo stesso compagno europeo ha suggerito di formare un comi­tato per i media, che è stato approvato dal comando e costi­tuito. Ogni partecipante al plotone poteva votare: il comita­to è stato formato dai tre candidati che avevano ricevuto il maggior numero di voti. Tutte le interviste, i testi e le foto che gli appartenenti al plotone vogliono pubblicare devono essere approvati dal comitato dei media, che decide se sod­disfano le norme stabilite dal comando del plotone (princi­palmente: sicurezza e non discredito dell’esercito ucraino).

Per ora, tutte queste iniziative sono in stallo poiché il microcosmo sociale dell’unità è stato danneggiato dai sud­detti ostacoli burocratici e la maggior parte dei partecipanti si è di conseguenza stancata e depressa.

Naturalmente, la comunicazione informale gioca un ruolo altrettanto significativo di quella istituzionale. Da un lato, fin dall’inizio, abbiamo sviluppato una sorta di cultura democratica che prevedeva la libera espressione di opinioni, domande e critiche da parte di tutti, anche verso il coman­do. D’altra parte, c’erano molte lotte di potere nascoste, con­flitti di ambizioni e conflitti personali in generale. Penso che in una certa misura questo sia inevitabile. Ma, nel nostro caso particolare, credo che avremmo potuto gestire la cosa in maniera migliore.

Uno dei motivi è proprio la mancanza di volontà, la mancanza di sforzi per la costruzione di comunità e la riso­luzione dei conflitti in modo fraterno. Anche alcuni “vecchi trascorsi” dei partecipanti hanno giocato un ruolo negativo. Allo stesso tempo, so perfettamente che le persone che sono a conoscenza dei metodi di risoluzione dei conflitti spesso non riescono a impiegarli.

Un altro problema è che, fin dall’inizio, il plotone an­tiautoritario ha riunito diversi gruppi e individui con back­ground, numero, livello di “conflittualità” e tendenza al dominio molto diversi. Ciò provoca ulteriore tensione. A volte sembrerebbe essere più produttivo, per un’attività che implica un contatto così stretto e costante, iniziare con un nucleo più omogeneo fin dall’inizio. Questo nucleo stabili­rebbe alcune regole e una cultura condivisa e integrerebbe i nuovi arrivati.

Ciò che alimenta i conflitti di ambizione tra noi è una certa mentalità diffusa nei nostri ambienti. Si tratta di una miscela di:

  • mancanza di rispetto verso la gerarchia, al punto in cui anche il potere limitato di una persona in qual­che ristretto campo di capacità può essere negato con arroganza;
  • allo stesso tempo, qui si fa finta di niente e si chiude un occhio sulle gerarchie informali formate nel tempo sulla base di reputazione, simpatie personali e simili;
  • l’egocentrismo e l’individualismo male inteso, che è anche contagioso perché, nel collettivo in cui è ampia­mente presente, difficilmente si possono mantenere modelli di comportamento collettivisti.

Questa miscela crea il terreno per continue tensioni.

La problematica del genere e della mascolinità tos­sica è sicuramente presente anche qui. Non sono sicuro di essere abbastanza capace di analizzarla correttamente. Innanzitutto, il nostro plotone è stato al 100% maschile per la maggior parte del tempo in cui è esistito. Avevamo due compagne paramediche che si identificano nel genere femminile che hanno lavorato con noi per quasi due mesi. Questo drammatico squilibrio, a mio avviso, è principal­mente il risultato della cultura dei nostri ambienti, in cui le donne sono meno presenti degli uomini e anche estranee alle attività legate all’uso della forza. È difficile affrontare questo aspetto a livello di un singolo progetto. Tuttavia, credo che parte della responsabilità ricada sulle nostre spalle, perché l’atmosfera che si crea nel collettivo probabilmente non è molto accessibile per le donne. Anche le nostre due compagne erano critiche al riguardo, per esempio, a volte dovevano gridare e interrompere per essere ascoltate. D’altra parte, alcuni partecipanti hanno criticato la scarsa integra­zione delle nostre compagne di genere femminile nella rou­tine quotidiana del plotone e del collettivo in generale, indi­pendentemente dalla loro identità di genere.

Quando discuto di tutto questo con un mio caro com­pagno, mi dice: «Credimi, questo è in realtà un bel colletti­vo; in un’unità “normale”, le cose potrebbero essere molto più difficili». E in realtà sono d’accordo con lui. Tutte le carenze sopra menzionate dovrebbero essere criticate e af­frontate, ma allo stesso tempo, a mio parere, sono decisa­mente minori. Gestiamo la maggior parte delle sfide della collettività in modi molto più costruttivi e meno dolorosi di quanto ci si potrebbe aspettare in un ambiente “apolitico” o reazionario. Di recente, uno dei nostri amici ha trascorso un paio di settimane a migliorare le sue abilità in alcune delle “normali” unità di difesa territoriale dell’oblast’ di Kyiv. «Ragazzi, qui viviamo in paradiso», ha concluso tornando a casa nostra.

 

Il significato politico del progetto

Dopo diverse discussioni nel plotone, abbiamo con­cordato sull’antimperialismo e sull’antiautoritarismo come due punti principali che ci definiscono politicamente. Non esiste una linea politica comune a parte questo. Per alcuni ragazzi, questa unità è più che altro un’occasione di essere coinvolti in questa guerra insieme ad amici e persone con interessi simili. Altri hanno progetti più ampi per il ploto­ne e lo intendono come un modo per mostrarsi alla società, acquisire esperienza e creare una sorta di spazio sostenibi­le in cui il movimento antiautoritario possa organizzarsi e svilupparsi.

Una delle sfide principali in questo momento è supera­re gli ostacoli burocratici, avere l’opportunità di organizzarsi e, infine, impegnarsi direttamente nella resistenza armata contro gli occupanti. Siamo venuti tutti qui come volontari disposti a contribuire alla lotta. Quattro mesi senza quasi nessun impegno in azione danneggiano davvero lo spirito e l’autostima. Producono alienazione dall’attività di cui fac­ciamo parte.

Quanto a me, non sono certo una persona che ama la guerra. Tuttavia, la situazione attuale impone di partecipa­re, sia personalmente che collettivamente. Può aprire una strada da seguire. Nelle rare occasioni in cui ho visitato Kyiv negli ultimi mesi, ho visto un’atmosfera agghiacciante e distratta. Come se non ci fosse una guerra brutale ad alcune centinaia di chilometri di distanza che sta uccidendo quoti­dianamente molti degli abitanti di questa città. Capisco che le persone hanno bisogno di riposare, rilassarsi e compia­cersi un po’. Tuttavia, questa situazione crea una profonda sensazione di dissonanza. E più tempo trascorriamo bloccati qui nelle retrovie, più questo ha un effetto smobilitante su di noi, più ci allontana dagli scopi e dalle cause che ci hanno originariamente riunito qui.

Allo stesso tempo, compagni esperti affermano che la guerra è composta da fasi e situazioni molto diverse. Il combattimento di per sé occupa l’1% o meno del tempo totale. La capacità di aspettare, di essere pazienti e di gestire i “tempi morti” è un’abilità utile per qualsiasi partigiano, da sviluppare e interiorizzare.

Concludendo questo testo, voglio sottolineare che la storia di questo plotone è già senza precedenti per i circo­li antiautoritari dell’Europa orientale. Nonostante tutte le inevitabili carenze, credo che abbia un grande potenziale di sviluppo e quasi sicuramente produrrà novità interessanti. La struttura che abbiamo potuto formare e lo studio col­lettivo delle competenze militari rappresentano entrambe esperienze importanti.

Nonostante tutte le critiche amichevoli espresse sopra, voglio ancora affermare il mio rispetto e il mio atteggiamen­to positivo nei confronti dei miei compagni d’armi.

 

[1] Oblast’: suddivisione territoriale e amministrativa, corrispondente grossomodo alle nostre province/regioni.

[2] Il tekmil è la pratica della critica e dell’autocritica, diffusa all’interno delle strutture sociali e militari del Rojava, attraverso la quale si facili­tano discussioni aperte e oneste tra le persone.

 

Titolo originale: Four Months in an Anti-Authoritarian Platoon in Ukraine, https://libcom.org/article/four-months-anti-authoritarian-platoon-ukraine

Traduzione italiana di Nerofumo

Il brano è stato pubblicato in memoria di Yury “Yanov” Samoilenko comandante del plotone antiautoritario, caduto durante l’offensiva di Kharkiv, il quale ha rivestito un ruolo centrale nella storia del plotone antiautoritario